domenica 15 giugno 2008

Andrea è anche un nome da femmina.

"E poi dovrai fare il test. Tutti devono fare il test. Noi diamo delle garanzie a chi lavora con noi, spero che sia chiaro."
"Certo certo. Niente da temere da parte mia."
L'uomo dietro la scrivania alzò un sopracciglio, ma senza troppa convinzione.
"Sono felice per te, ma lascia che facciamo qualche controllo." rispose distrattamente.
"Chiaro."
L'uomo stava esaminando fotografie di uomini che esponevano all'obiettivo il membro eretto. Cosa alquanto imbarazzante, smise di sfogliarle proprio su quello che sarebbe stato il suo partner, un omaccio peloso che esibiva uno sguardo che voleva essere sbarazzino.
Le tese la mano dall'altra parte del tavolo, alzandosi in piedi: "Allora ci sentiamo la prossima settimana. La mia segretaria ti farà sapere appena possibile quando potrai andare a fare gli esami del sangue e la visita."
"Arrivederci."
Andrea strinse la mano sudaticcia del tipo e si voltò verso la porta, sperando ardentemente che lui le stesse guardando il sedere.
Si chiuse la porta alle spalle, e in corridoio c'era ancora Alex ad aspettarla.
"Allora Andrea, tutto ok?"
Andrea non rispose. Non era sicura che le facesse piacere che lui fosse rimasto. Forse avrebbe preferito gironzolare ancora un po' per l'edificio, curiosare e conoscere qualcuno che ci lavorasse; poi la sera, a casa, telefonare ad Alex e raccontargli tutto.
"Perché sei rimasto?", gli chiese. "Ti avevo detto che ci sarebbe voluto un po' di tempo."
Si pentì subito di averlo detto, si vedeva che lui ci era rimasto male.
"Mi faceva piacere sapere come era andata. Tutto qui."
Come sempre quando qualcosa non andava, Alex si guardava le scarpe.
"Scusa. Scusami davvero, è che mi hanno detto che devo fare degli esami del sangue e lo sai che ho paura degli aghi."
"Non devi preoccuparti! Ti posso accompagnare, se vuoi.", si rianimò Alex, per poi tornare timido nell'offrire il suo aiuto.
Andrea scrollò le spalle. " Vedremo, vedremo. Ora andiamo a casa? Ho un po' fame. Comunque è andata bene, sai, hanno detto che non hanno mai lavorato con una come me."
"Mai?"
"Mai mai! Non è una figata?"
Alex assentì, e si lasciò condurre lungo il corridoio verso gli ascensori, gettando qualche occhiata distratta alle locandine dei film della StarProduzioni appese al muro.
Arrivati agli ascensori schiacciò cerimoniosamente il pulsante di chiamata, facendo sorridere Andrea. Non desiderava altro, nella vita.
Aspettando l'ascensore fissarono insieme l'enorme locandina di Labbra piene, poi finalmente le porte si aprirono sulla cabina vuota.

"Grazie mille del passaggio, tesoro, lo sai che mi fa piacere. Se vuoi entra.", si sentì in dovere di aggiungere Andrea.
"Magari giusto una birra, ok?", le rispose Alex tutto contento, spegnendo il motore dell'Audi.
"Come no!"
Andrea fece un cenno di saluto al custode nel suo gabbiotto, poi proseguirono sul curatissimo sentierino circondato da piante fiorite (sostituite ogni stagione), fino al portone di ingresso.
Un palazzo moderno circondato da un giardino lussureggiante. Ad Alex ricordava un libro della sua infanzia, e la casa sembrava un'enorme serra, tutta a vetri.
Quando aveva visto l'edificio per la prima volta ne era rimasto incantato, anche se Andrea gli aveva detto che da bambino viveva addirittura in una villa.
Notò che faticava a salire i due gradini precedenti la vetrata del portone.
"Ti fa ancora male?"
Andrea si girò verso di lui, solo leggermente indispettita. "No. Nient'affatto."
Nient'affatto. Andrea non era nient'affatto il tipo di persona in cerca di compassione, da nessuno. Gli aveva raccontato tutta la storia e quando Alex aveva voluto abbracciarla lei gli aveva riso in faccia. "Credi che sarei arrivata fin qui se avessi avuto troppa gente ad abbracciarmi?", gli aveva detto. Ad Alex sembrava una cosa davvero triste da dire, proprio brutta, ma lei non sembrava pensarla così.
L'usciere, che vedevano all'interno parlare con una signora piuttosto seccata, finalmente si accorse di loro e si affrettò a venire ad aprire il portone.
Andrea gli rivolse un sorriso e si incamminò agli ascensori, mentre la signora borbottava qualcosa fingendo di non vederla e guardando invece l'usciere in cagnesco, come a dire "cosa le dicevo?".
Un altro ascensore, questa volta per salire, all'ultimo piano dove stava l'attico di Andrea.
Lei si era preparata la chiave in ascensore e percorse in fretta il pianerottolo moquettato fino ad andare ad aprire la porta di ingresso. Alex invece si incantava ogni volta a guardare la vista della città dalle vetrate del palazzo, tra le cime degli alberi più alti del giardino.
Si girò poi sorridendo verso Andrea, che lo aspettava pazientemente sulla porta, "Scusa, lo sai che non sono abituato a una vista così a casa mia."
Lei sorrise a sua volta facendolo entrare, "Una birra hai detto?"
"Come no.", rispose lui mentre già Andrea si dirigeva in cucina passando sotto l'enorme ed inquietante ritratto del padre.
Ad Alex quell'uomo incuteva un sacro terrore, ma non c'era nemmeno da ringraziare il cielo che fosse morto visto che quel ritratto sembrava venire dall'oltretomba a perseguitarti perché eri stato un bambino cattivo, se non cattivissimo.
Con circospezione si diresse in sala, dove si lasciò cadere sul divano di fronte alla vetrata panoramica, proprio mentre compariva Andrea con una birra per mano.
"Brindiamo a te, allora.", le disse.
Le bottiglie verdi si toccarono.

Il padre di Andrea si chiamava anche lui Andrea, solo era molto più famoso (almeno fino a quel momento).
Il conduttore di tutti i programmi del pomeriggio delle reti di intrattenimento dal 1982 al 2004, per servirvi.
Prima di divenire il volto principale della quarta rete aveva recitato in qualche spot e tirato a campare, sposato con una ragazza rotondetta originaria del suo stesso paese marchigiano e trasferitasi con lui a Milano.
D'improvviso la coppietta della domenica si era ritrovati puntati addosso un bel po' di riflettori, per non parlare degli anni '90 e della moda del gossip.
Ma si sa, la vita è fatta a scale, e così anche la carriera dell'uomo più amato dalle casalinghe d'Italia ebbe qualche sobbalzo. Nell'arco basso di uno di questi balzi, venne proposto ad Andrea di condurre un programma per ragazzi, con veri ragazzi ospiti in studio.
Non poté rifiutare, come gli fece presente il suo agente. Non gli piacevano i ragazzini, e lui e sua moglie Lisetta non avevano figli. Ad entrambi piaceva la vita che si erano trovati in grado di condurre negli anni '80 e non avevano bisogno di altro.
Nonostante tutto, per le ragioni espostegli pazientemente dal suo agente, si ritrovò un pomeriggio a settimana a parlare con un branco di scimmiette urlanti.
Ogni tanto però partecipava al programma anche qualche scuola media, e il presentatore applaudito dalle mamme non perdeva l'occasione di dare una sbirciata all'evoluzione ormonale delle scimmiette femmine.
Lo aveva naturalmente fatto anche con la fortunata vincitrice del trofeo del programma 1986, una trecciuta ragazzina di terza media, che era stata tanto felice della fascia, della coppa e dei premi messi in palio dagli sponsor da voler andare a ringraziare Andrea Sorriso nel suo camerino.
Era stato allora che Andrea aveva creduto che un dio televisivo come lui avrebbe potuto fare qualunque cosa, qualunque, senza conseguenze di alcun tipo. E aveva chiuso a chiave la porta, mentre la campionessa curiosava tra i trucchi di scena.
Qualche mese dopo però aveva dovuto ricredersi, a una telefonata piuttosto minacciosa del padre della campionessa, la quale sembrava soffrire di nausee frequenti, dolori addominali, aumento di peso e addome teso, nonché completa assenza del ciclo mestruale dopo solo un paio di mesi dal menarca. Non è che lui ne sapeva qualcosa?
Si era resa urgente una riunione familiare.
Lisetta, dapprima contrariata, aveva poi ceduto all'istinto materno in cambio di un'auto nuova.
La famiglia di fortunati vincitori di una fornitura annuale di caramelle mou aveva anch'essa ceduto il fagotto dello scandalo, in cambio di più auto nuove e un cospicuo assegno.
I rotocalchi e le televisioni di tutto il paese erano sommersi di servizi sulla famiglia Sorriso, dove la cicogna (trecciuta) aveva appena depositato il piccolo Andrea jr.
Un bambino felice, come poteva non esserlo? I suoi genitori gli compravano qualunque cosa desiderasse, la baby sitter del giorno era disponibile ad ogni cosa.
Le tate indossavano una divisa quando si occupavano di lui, un vestito azzurro con grembiule bianco. Non era niente di speciale ma la tata del sabato, una signora un po' avanti con gli anni, indossava sotto il vestito una sottogonna di pizzo bianco.
Andrea adorava quella sottogonna.
Era un bambino tranquillo, mai dato problemi. Lisetta si vantava con le amiche del suo pargolo, bambino buono, intelligente, e anche simpatico.
C'erano su questo aneddoti a non finire, ma alla moglie dell'uomo della quarta rete piaceva tanto raccontare di come Andrea jr. arrossisse nel far presente che "Andrea è anche un nome da femmina, non lo sai mamma?".
Suo padre lo sgridava a volte, "Pensi che io abbia un nome da donna?!", ma Lisetta lo adorava.
La malattia di Lisetta aveva pian piano spento le sue risate divertite di fronte al bambino.
Era morta in casa, macché ospedali e ospedali. Negli ultimi giorni era delirante, ma aveva comunque a tutti i costi voluto ricevere una visita, anche se suo marito era fuori per lavoro.
Era una ragazza, Andrea se la ricordava bene, con un bellissimo zaino a fiori. Era appena uscita da scuola, aveva detto alla sua mamma, e doveva tornare a casa in fretta perché i suoi genitori non sapevano che fosse lì.
Aveva guardato Andrea come se ne avesse paura.
Lei e sua mamma parlavano in salotto, o meglio parlava Lisetta perché la ragazza stava a occhi bassi e non diceva quasi nulla, aveva notato Andrea nascosto dietro lo stipite.
Improvvisamente Lisetta lo aveva visto e chiamato perché entrasse nella stanza.
Gli aveva sorriso, mentre la ragazza la guardava incerta.
"Lei è la tua mamma, Andrea caro."
Sulle prime Andrea non aveva capito. Anche la ragazza sembrava fosse ipnotizzata, come nello spettacolo di quel mago per tv. Poi aveva preso un gran respiro e aveva cominciato a piangere e urlare, per poi scappare via.
Lisetta le era corsa dietro.
Andrea era rimasto seduto sul tappeto fino a sera.
La settimana seguente c'era stato il funerale.

"Allora io vado via, ok?"
"Certo, come vuoi." , gli rispose Andrea dal divano, facendo un gesto di saluto con la mano.
"Ma sei sicura di star bene?"
"Mi fa male ogni tanto, tutto qui. Vuoi stare tranquillo? Quest'operazione l'aspettavo da tutta la vita, non è un granché se brucia un po' a fare pipì."
Alex avrebbe voluto rimanere ancora, come aveva fatto subito dopo l'operazione, quando era rimasto sempre con lei. Prendeva gli ormoni da un sacco di tempo ormai, aveva un accenno di seno e un volto terribilmente femminile e affascinante, e oggettivamente in questo il suo aspetto non era cambiato dopo l'operazione; ma quando l'aveva vista uscire dalla sala operatoria aveva pensato che non fosse più solo una questione fisica, quella volta era cambiato tutto.
Ed era così, in effetti.
Rassegnato, Alex la salutò e se ne tornò alla macchina dopo una pausa sul pianerottolo ad ammirare la città e le sue luci ormai accese.
Andrea si alzò dal divano, diretta in camera da letto. Il suo sguardo venne catturato dal ritratto del padre, e questa volta non glielo impedì.
Fissò il vecchio negli occhi.
Rimpianse per un momento che fosse morto e non potesse vederla ora, rimpianse che finché era in vita avesse avuto l'ultima parola con lei, intimandole di smetterla con le sue "frocerie".
Una parola che nemmeno esiste.
Un sorriso amaro le increspò le labbra, e in quel momento desiderò poter riportare in vita i morti per far assistere suo padre al suo trionfo, o anche solo mandargli la cassetta quando fosse uscita.
"Le mie frocerie.", pensò. "Proprio adesso che sto per essere una donna vera..Di certo molto più donna di quanto non fosse mia madre."
Poggiò la birra sull'antica libreria dell'ingresso, e ‘fanculo il sottobicchiere.
Deviò dalla camera da letto e andò invece ad aprire l'acqua della vasca perché si riscaldasse.

In auto Alex mise in moto lanciando un'ultima occhiata alle finestre illuminate di Andrea, o almeno credeva fossero quelle. Il vetro gioca brutti scherzi.
Sospirò e lasciò che la macchina scendesse in folle dalla lieve collinetta su cui si trovava lo stabile.
Avrebbe tanto voluto essere lui a rendere Andrea ciò che voleva, una donna vera, lui che l'amava tanto. E lei lo sapeva, ma aveva fatto la sua scelta; aveva scelto di concedere la sua nuova verginità alla StarProduzioni.
Andrea non era una stupida, e di certo aveva un buon motivo, ma Alex non poté fare a meno di domandarsi ancora una volta a chi dovesse dimostrare tanto.
Lo sanno tutti che Andrea è anche un nome da femmina.

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